diumenge, 27 de gener del 2008

dimarts, 22 de gener del 2008

Carnaval, carnaval...


Pipol del pueblucho de Villar; propongo un entretenimiento. Inventa un juego de palabras al modo de "murga" que tenga como finalidad criticar constructivamente aspectos, situaciones o personas del entorno IES La Serranía. El jurado estará compuesto por los propios participantes que, pudiendo votarse entre sí, otorgarán el premio que ellos consideren al o la más ingenioso/a.
Puesto que estamos a una semana del martes de Carnaval, con esto damos el pistoletazo de salida al despiporre.
Vale todo, pero con moderación.
Pdata; Emilio, contrólate.

dissabte, 19 de gener del 2008

Lo bueno si breve, buenísimo

En televisión andan promocionando, no sin razones, el corto ¿Perfecto? de Jaime Fraile, podéis verlo aquí:
http://www.youtube.com/watch?v=04z6IwHdqjg

Enseña algo más que los verbos y, aunque es muy corto, tiene mucho contenido.

Me ha recordado, supongo que por desarrollarse en el contexto escolar y ser las protagonistas otro tándem profesora-alumna, al de Xavi Sala de hace algún tiempo, "Hiyab" se llama, si os lo perdisteis tiene remedio:
http://www.youtube.com/watch?v=1OTcXyEhr_o
Después de que lo veáis hablamos, siempre me deja con la cabeza torcida.

El último corto que acabo de ver, ideal para la velada del sábado, tiene por título "Aprop", es de Aitor Echeverría. Una delicia. De él dicen: "El sueño interrumpido por el roce de una piel conocida. La leve caricia de un dedo que cruza la espalda. El suspiro de aquella voz que te invita a jugar. Los gestos más cotidianos se convierten, vistos de cerca, en una danza extraordinaria"
http://vids.myspace.com/index.cfm?fuseaction=vids.individual&videoid=2073452300

dijous, 17 de gener del 2008

Froilan dice :
Y ahora aquí viene el más temerario grupo de pilotos locos que jamás deboró distancias en carreteras tan interminables como la autovía fantasma que nos lleva al pueblacho de cuyo nombre no quiero acordarme .
Aquí os dejo con el inicio de uno de los capítulos de los "Autos locos" , que bien podría ser la "Ronda loca" , creo que hay coche y personaje para cada uno de los que nos enfrentamos a la "horribilus carreterum" ( para que se note que sé idiomas).
http://www.youtube.com/watch?v=cIUM5xNSn1k

dimarts, 15 de gener del 2008

Folklore

Bueno guachos y guachas me estáis dejando a cuadros, vaya marcha políglota lleváis, os voy a satascar una miaja de folklore, al trebolillo, difarre mental, mia tú, para seguir en la hilera banal del blogg.


Cuidadín que Rita os quiere ver así.

"Ensemble, c´est tout"


Qu'est-ce que tu vas faire demain mercredi à 19h? Est-ce que as-tu un rendez-vous ou pas? On a pensé d'aller au cinema Babel voir "Ensemble, c'est tout" de Claude Berri en V.O. en français soutitré. Après le film: de la bière et on peut discuter. Ça te plaît?
Cela est une idée du "Le côté noir du vilage"

dissabte, 12 de gener del 2008

Maria

Maria

Maria non pesta i piedi degli altri
perché Maria è una bionda selvaggia
che venne dall'isola di Sicilia a
compiere il suo dovere maritale.
Maria fa oggi ventisette anni compiuti
e nel suo animo girondoloso c'è molto
vento e molto orgoglio accigliato.
Quando ero nella mia Sicilia ogni
giorno mi lavavo i capelli che ho
bellissimi e poi li stendevo sulla
finestra per essere baciati dal sole
e chi passava diceva: onore alla bellezza!
Ma io cantavo per la gloria mia e
non volevo né maestri né dottori,
volevo sposare Dio in persona per
ricoprire le sue nudità con la mia capigliatura.
Ma anziché Dio venne il diavolo in
forma di tappezziere e voleva che
diventavo tappezziera e cucivo il
feltro e mi bucavo le dita coi suoi
aghi mortali. C'erano delle rose
nei suoi occhi e quando rideva fiorivano
allegramente, ma io non sono traditora,
e l'ho mandato via dicendo: diavolo
scatenato, anche se odori di rosa,
hai l'anima di porco e tu non sei
affatto degno dei miei capelli d'oro.
Mia madre la santa pecorara è morta
come una vipera schiacciata sulla
testa dalla ruota più grande di un
autocarro americano. Mio padre che
è schizzinoso non volle pia mangiare.
Piangeva, ma no con gli occhi, dentro
i pantaloni, diventava magro di dolore
che perfino le galline gli beccavano
sulle scarpe senza rispetto e i vicini
lo adducevano malamente. Finalmente
lavorai nei servizi e mangiavo pane
e fiele per l'orgoglio mio che supplicava.
Potevo servire Dio, non gli usurai di Palermo
nelle loro famiglie ammantate di cannella.
L'orgoglio mio nasceva nei capelli che
a crocchia o a treccia scoppiavano sempre
come stelle filanti e al mercato dicevano:
guarda Maria la fata come si inzeppa
e morirà scannata. Proprio in quei
giorni il mio padrone salì nella
camera per impossessarmi e io non
volendo andò a spiaccicare il seme
suo sui vetri della finestra chiusa
con bestemmie d'amore e di struggimenti.
Il giorno dopo venne su la padrona
e mi disse: spogliati Maria che
voglio confrontare il tuo corpo con
il mio. Mi spogliai per ubbidienza
e perché io pensai che le donne non
hanno malintenzionamento del sesso.
E invece quanno fummo spogliate
la bella orchidea mi toccò il petto
con le mani e mi disse: guarda questo
è miele di Dio, strisciando un dito
lungo la dolcezza del mio ventre.
Pregai il Signore in ginocchio
piangendo e scappai via di casa la
mattina dopo con un sacco bianco
di penitenza pieno di gioielli e
argenteria trafugata: forse fu il
diavolo forse fu il Signore, non
lo seppi allora e non lo so ancora,
mi disse in un orecchio: porta via
ogni bene loro per punizione, Maria per
punizione della loro lubricità. Vissi
di nascosto da una amica a Marsala. vendetti
pezzo a pezzo tutte le mie ricchezze
guadagnate col disprezzo della lussuria.
La sera al tramonto mi lavavo i capelli
e li stendevo al balcone, goccia a goccia
perché tutti dicessero: Maria la bella!
Ma Marsala è lenta e sciocca e nessuno
mi guardava né mi parlava e la mia amica
poi morì di crepacuore per un
cretino dalle gambe corte e il naso
gonfio e mi lasciò per strada senza
amicizia e senza soldi, con tanti dolori.
Fu proprio alla stazione che incontrai
l'Arcangelo Gabriele. Era vestito a
lutto e sopra gli occhi teneva un paio
di lenti affumicate dietro a cui le pupille
erano di fuoco. Aveva pure un bell'anello
d'oro al dito e due scarpe lustre e nuove,
che camminando facevano patatrac. Mi innamorai
di botto e caddi ai suoi piedi e gli bagnai
di lagrime la scarpa specchiante e fredda
e lui forse ebbe pena forse amore, mi disse:
chi sei tu bionda sicilia e dove vuoi partire?
Gli detti subito il mio cuore in donazione
ardente e lui, da gran signore, lo buttò via,
sorridendo graziosamente coi suoi cento denti
d'argento. Ma io glielo lasciai e pronta ero a
seguirlo a quattro zampe per tutta l'Italia
il mio arcangelo Gabriele dalle lenti affumicate.
Ci amammo per una notte di gioia in un
albergo accanto a cortei di principi e di
dragoni, con magnolie sul letto e grappoli
d'uva che gli schiacciavo sulle palpebre.
Il mio arcangelo, il mio regale consorte
era ebbro di noia e io deliravo selvaggia
senza pudore né onore sopra un lenzuolo
di anice, astringendo il suo corpo
inviolato e puro come una statua di
cera indurita dal gelo dei miei baci impauriti.
L'indomani mattina era già finito e
l'arcangelo volò nei suoi candori
e io affacciai i miei capelli attorcigliati
perché respirassero un poco al sole,
ma la pace era finita e adesso dopo la
contentezza veniva la tristezza nera.
Solo quell'arcangelo Iddio mi mandò
per assaporare cos'è il fulgore e
poi dannarmi tutta la vita e ricercarlo.
Venni a Roma dietro invito di una
dama altolocata come serviziante a
domicilio e dormii e mangiai tre anni
smarriti di cui ricordo solo il sapore
del rabarbaro contro la costipazione.
Venne un isolano, un cane rognoso, nero
ispido, robusto. Mi seguiva di giorno,
mi aspettava di notte, per mesi e mesi.
Non vedevo che il suo corpo tozzo e le
sue mani da scimmia aspettarmi pazienti.
Mi piaceva di lui che non parlava; mi
guardava soltanto e faceva parlare gli
occhi di lupo affamato e quelle mani nere
che volevano carezzarmi e poi affogarmi.
Quel silenzio mi fece comprendere che
non era un servo del diavolo e neanche
un impostore. Un siciliano come me, senza
talento ma pieno di orgoglio e vendicativo
che aspettava un cenno di Dio per buttarsi
a mangiare carne d'uomo o per placarsi per
sempre come un pesce morto, tranquillissimo
e puzzolente. Con questo barbaro mi sono
unita nella santità del matrimonio per
ubbidienza al Signore senza amore alcuno.
Mi furono regalati: un frigorifero da venti
litri, un comò francese di legno stagionato,
un televisore a tredici pollici, un servizio
di cristalleria di Standa e un letto a due piazze.
Mi fu dato il benservito e pure la buonuscita,
perché ero stata una donna onesta e fiera
e i signori mi tenevano in palmo di mano,
come una figlia. La bocca mia ringraziava
allietata e vana. Solo i capelli miei
piangevano e si coprivano di ragni
polverosi. L'oro dei miei capelli è morto
con questo matrimonio, in una notte sola
di tormento. Il marito mio non accettò
che io ero stata con un altro e mi cacciò
come un cane dentro la strada piovosa.
Camminai, mi ammalai, fui messa in ospedale
e per un mese feci sogni di giardini d'acqua
dove io galleggiavo serenamente mentre che
i miei capelli si riempivano di scintille
e volavano verso l'amore mio il quale avanzava
a passi di cammello. Era vestito a lutto
e portava gli occhiali scuri; lo vedevo
nell'atto di spezzarmi il cuore con due
dita per poi gettarlo via con noncuranza
assassina. Quando mi svegliai nella fleboclisi
mi trovai accanto quel grugno barbaro
di mio marito l'avaro e ci sputai in
faccia per concepimento di odio giusto.
Ma più io l'odiavo e più lui mi amava
e lavorava mattina e sera e notte per
potermi comprare la carne tenera e il
prosciutto di porco giovane e il burro di latte
e il vino di Barbera. Mi lavava i capelli
in una tinozza con le sue lagrime e poi
li asciugava col suo fiato e finché
tornai a fiorire e ingrossare non mi
tormentò mai un istante. Poi nacque il
figlio nostro che si chiama Salvato
perché fu salvato dalla malvagità del
mondo facendogli una fattura di erbe
gialle e fegato di rana e olio santo
poco dopo che nacque sul ventre nudo
di sua madre da una mammana che per
questo si prese otto mila lire sane.
Il marito mio non è cattivo, quando
trova lavoro fa pure il suo dovere e mi
ama veramente come una moglie ma è scontroso
e quando mi vede ridere mi abbastona.
Io credo che morirò presto perché quando
mi hanno aperto il petto hanno trovato
le mie viscere che buttavano boccioli
allegramente e perciò credo che ho
la vita segnata, forse qualche anno forse
di più. Non mi dispiace di lasciate il
figlio e neanche mio marito. Mi dispiace
per il mondo che è profondo e dà
molto da pensare. Mi addolora di portare
questi miei capelli belli dentro una tomba.
Perciò anzi ho pensato di farmeli tagliare
come un soldato e di venderli, forse anche
una diecina di mila lire ne sarei contenta.
L'unico dubbio è: se poi finisce il mondo
e suonano le trombe fiammanti nella
valle di Gerico, potrò andare incontro
al mio arcangelo Gabriele dagli occhiali
affumicati con i capelli rapati a tavolaccio?

Dacia Maraini,Donne mie

Aquest poema és el que vull preparar amb un grupet de xiques de 2n de Batxiller per al recital de març. L'autora, la italiana Dacia Maraini, crec que té molt d'interés. Llegirem, és clar, la traducció al català que va publicar la institució Alfons el Magnànim.

diumenge, 6 de gener del 2008

Canten només per a tu!

I sense avisar, arriba l'últim dia de vacances de Nadal! No hem tingut temps de jugar amb els joguets ni pair les noves experiències que l'any 2008 ens està proposant i ja hem de tornar a posar careto de profes perquè demà ens estaran esperant les bestioletes amb ganes de molta, molta guerra. Volia compartir amb els VIP i amb qui ens acompanya en aquest blog, aquest video i aquesta cançó, perquè em sembla un xute d'optimisme i alegria... que només canten per a nosaltres. Bona nit i fins demà (Amparo, a les 8.45 al Palau, gran horror!)

divendres, 4 de gener del 2008

El futuro está en el porno

No, no os asustéis, ni os vayáis desabrochando botones... Se trata del título del premiado corto del director valenciano Vicente Villanueva, interpretado por la también valenciana (la reconoceréis por Cámera Café) Marta Belenguer. Lo he encontrado por ahí por casualidad (no penséis mal, o sí, qué más da) y me ha hecho mucha gracia. Si estáis hartos de cenas turroneras de navidad, cines abarrotados y paseos tumultuosos en busca del regalo del sobrinito, reservaos 15 minutos y disfrutad, os aseguro que merece la pena. Y ya sabéis, el futuro está en el porno...

Nota: El vídeo está en dos partes